Indifferenza abbellita? Aiuto per valutare il tuo rapporto con Gesù

Di Matthew Johnston

Cosa ne facciamo di Gesù? Spesso la risposta immediata è semplice: “nulla.”  Vale a dire non ci si pensa neanche. Non è una questione di abbracciarlo o respingerlo ma piuttosto di ignorarlo. Però, un tale approccio non si presenta come un’indifferenza sfacciata. Ad esempio, se viene posta la domanda: “Chi è Gesù?” non è insolito sentire commenti tendenzialmente positivi: cenni generici alla sua significanza storica, riflessioni vaghe sulla sua bravura morale o parafrasi sentimentali di un suo insegnamento (quasi sempre dal sermone sul monte). Così facendo, l’interlocutore si lava le mani di un ripudio totale. Non è uno spudorato rifiuto di Gesù, ma una velata apatia: un’indifferenza abbellita.

C. S. Lewis commentò l’inadeguatezza di un tale approccio, presentando il suo classico trilemma:

Sto cercando qui di evitare che qualcuno segua l’esempio delle persone che spesso si pronunciano in modo insensato nei suoi riguardi, dicendo: ‘Sono disposto ad accettare Gesù come un grande insegnante di etica morale, ma non accetto le sue pretese di essere Dio’. È un’affermazione insensata. Un uomo che fosse solo tale e affermasse quello che ha detto Gesù non sarebbe un grande insegnante di etica, ma un folle, sullo stesso piano di chi crede di essere un uovo sodo; oppure sarebbe il Diavolo in persona! Bisogna decidersi: o quest’uomo era ed è il Figlio di Dio, o era un pazzo, per non dir di peggio! Possiamo zittirlo come si fa con un pazzo; possiamo sputargli in faccia e ucciderlo come se fosse un demonio; oppure possiamo gettarci ai suoi piedi e chiamarlo Signore e Dio. In ogni modo, non diamogli una definizione insulsa come quella di ‘grande insegnante umanitario’. Non ci ha dato quella scelta, perché non era sua intenzione farlo”.[1]

Per ricapitolare, se ci si confronta con Gesù secondo le sue condizioni, rimangono tre possibilità praticabili riguardanti la sua identità: Signore, bugiardo e pazzo. L’efficacia del trilemma sta nel fatto che denuda l’indifferenza abbellita, mostrando che non è frutto della vera riflessione né di una seria interazione con la vita di Cristo. Però, in fin dei conti, non è che un’indifferenza ordinaria che si presenta come qualcosa di meno ostile e decisivo. Sostenere di apprezzare Gesù sotto certi punti di vista non accentando ciò che dice di sé stesso è un modo “gentile e educato” per respingerlo.

Valutare la legittimità dell’indifferenza  

L’indifferenza di per sé non è peccato. Ad esempio, si può essere indifferenti verso il colore delle proprie scarpe senza commettere peccato. Però, se si è indifferenti davanti alle gravi sofferenze altrui, ora sì che diventa un problema. Qual è la differenza tra la sofferenza e le scarpe? La differenza sta nel valore o l’importanza dell’oggetto stesso. In altre parole, se mi manca interesse nella specificità del mio abbigliamento è una questione di preferenza (opinione). Se però, vivo con distacco il mio rapporto con chi soffre, allora diventa insensibilità, freddezza e perfino cattiveria.

 Insomma, la gravità dell’indifferenza dipende dall’oggetto a cui si è rivolta. Però, non si limita alla questione di sofferenza poiché l’indifferenza risulta altresì malvagia davanti a un oggetto ragguardevole. Qualcuno o qualcosa (ad es. un gesto) può essere così degno di stima, rispetto e onore che rende l’indifferenza sbagliata. Più un oggetto è degno di interesse, più grave diventa il mostrare indifferenza nei suoi confronti. Disinteresse davanti a certe persone è inaccettabile. Gesù Cristo è proprio un tale persona:

Gesù Cristo non è mai stato indifferente nei nostri confronti...

  1. Gesù Cristo dà un senso alla vita rendendo l’indifferenza insensata. Gesù Cristo ci ha creati assieme a tutto ciò che esiste: “in lui sono state create tutte le cose che sono nei cieli e sulla terra” (Colossesi 1:15). Egli mostrò il suo potere creativo durante la sua vita terrena quando cambiò acqua in vino (Giovanni 2:1-12) e sfamò cinquemila uomini (Matteo 14:13-21). La nostra esistenza non è frutto del caso bensì ha un’origine personale. Nulla di ciò che mi accade è senza significato perché “tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui” (Colossesi 1:16, 17).

  2. Gesù Cristo può simpatizzare con la nostra tendenza verso l’indifferenza. Gesù Cristo è Dio Figlio e come Dio esiste da sempre. Però, in un momento storico, Dio Figlio si incarnò, divenendo una parte della sua creazione. Gesù Cristo può “simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi, senza commettere peccato” (Ebrei 4:15). La sua vita terrena traboccava di compassione per un popolo che lo respinse: guarì il lebbroso che poi si ribellò contro di lui (Marco 1:41), insegnò a una folla che non voleva che sfruttare i suoi poteri (Marco 6:34) e si rattristò quando il giovane ricco non abbracciò il regno di Dio (Marco 10:22).

  3. Gesù Cristo ha dato sé stesso per salvarci dall’indifferenza spirituale. La nostra indifferenza verso Cristo si manifesta sotto forma di ingratitudine. Tutti gli esseri uomini si trovano nella stessa barca a causa del peccato: pur avendo conosciuto Dio, “non lo hanno glorificato come Dio, né lo hanno ringraziato” (Romani 1:20). Siamo indifferenti alla gloria e all’onore di Dio perché viviamo per noi stessi. Gesù Cristo “ha dato sé stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e purificarsi un popolo che gli appartenga, zelante nelle opere buone” (Tito 2:14).

  4. Gesù ha vinto il più grande nemico davanti al quale nessuno è indifferente. La morte ossia il più grande nemico è la grande livella. Ognuno, dal riccone al poveraccio, deve affrontarla. Gesù sconfisse la morte morendo sulla croce. Morì, fu sepolto si risuscitò dopo tre giorni esattamente come aveva detto. Spiegò Gesù: “sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà” (Giovanni 11:25).

L’indifferenza non cambia la realtà

L’esistenza di qualcosa non dipende dal mio interesse per essa né dal mio riconoscimento di essa. La realtà (ciò che è oggettivo) non cambia in base alla mia esperienza di essa (qualcosa di soggettivo). La noncuranza non cambia dunque ciò che c’è effettivamente. Ognuno è libero di formare le proprie opinioni, però ciò non significa che siano tutte ugualmente radicate nella verità.

Gesù esiste. Visse 33 anni sulla terra. Morì di una morte ignominiosa e poi risuscitò. È seduto alla destra del Padre e tornerà per giudicare i vivi e i morti. Quando apparirà sulle nuvole con grande potenza e gloria, nessuno rimarrà indifferente. Scomparirà allora la nozione di una via di mezzo e chi non è per Cristo, dovrà riconoscersi contro di Cristo. Dinanzi a Gesù Cristo, l’unico uomo davvero ragguardevole, si vedranno solo due tipi di persone: chi piange di gioia al suo avvento e chi rimpiange di non averlo seguito veramente.

[1] C. S. Lewis, Il Cristianesimo così com’è (Adelphi, 1997), libro 2, capitolo 3, “La scioccante alternativa”.

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