Il Natale era solo l'inizio
Di Matthew Johnston
È successo davvero. Gesù bambino fu fasciato e fu coricato nella mangiatoia. I pastori, indirizzati da un angelo del Signore, lo trovarono assieme a Maria e Giuseppe. Non è una storiella leggendaria o una favola mitica bensì un avvenimento storico. Però, la storicità del Natale non significa che sia stata una nascita qualsiasi. Quel bambino che giaceva era Dio Figlio. Il Dio che era esistito da sempre nacque a Betlemme. Il Creatore divenne creazione. L’Onnipotente conobbe le limitazioni dell’infanzia. Colui che sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza era sostenuto dalla mamma. Tuttavia, il Natale era solo l’inizio.
Gesù bambino crebbe e divenne Gesù uomo. La sua giacenza nella mangiatoia era solo il principio di 33 anni di vita. Ponderare la sua natività significa ponderare la sua vita. Volendo capire il senso della sua vita, il suo nome è un ottimo punto di partenza. “Gesù” si deriva dal nome ebraico Yeshua che significa “Yahweh è salvezza” o “Yahweh salva.” Il suo nome attinge al proposito dominante della sua incarnazione poiché Gesù nacque per salvare il suo popolo dai loro peccati (Matteo 1:21). Però, salvare il suo popolo dai loro peccati comportava placare la giusta ira di Dio contro la loro empietà. Per di più, non poteva placare l’ira di Dio senza lo spargimento del suo sangue (vedi Levitico 17:11; Ebrei 9:22). Insomma, Gesù nacque per morire. Dio figlio s’incarnò per poter morire come l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo (Giovanni 1:29).
Però, ti sei mai chiesto perché Gesù dovessi vivere 33 anni prima di morire? Riflettiamo sulla sua nascita a Natale e sulla sua risurrezione dai morti a Pasqua, ma cosa ne facciamo di tutto il resto? In altre parole, a che cosa serviva la sua vita terrena?
È stato Adamo a rendere necessario il Natale
Ogni storia che vale la pena conoscere va compresa nel suo complesso cioè si deve cominciare dall’inizio. La disubbidienza del primo uomo piombò la razza umana nella melma disperata del peccato. Dio gli aveva comandato di non mangiare dall’albero della conoscenza del bene e del male perché nel giorno che ne avrebbe mangiato, certamente sarebbe morto (Genesi 2:17). Quando disubbidì, Adamo sperimentò una duplice morte: morì fisicamente in quanto il suo corpo s’indebolì per poi perire e morì pure spiritualmente in quanto la comunione con Dio che godeva nel giardino fu rovinata per sempre. La morte inglobò tutti gli uomini in modo tale che tutti nascano morti nel peccato (Romani 5:12; Efesini 2:1-3).
Però, la storia non finisce lì. Gesù Cristo è il nuovo Adamo, “l’ultimo Adamo “(1 Corinzi 15:45). Il Vangelo secondo Luca agevola la nostra comprensione di questa relazione. Luca tramezza i due eventi che diedero inizio al ministero pubblico di Gesù (il suo battesimo e la tua tentazione) con la sua genealogia (3:23-38). A differenza dalla genealogia nel Vangelo secondo Matteo che procede da Abramo a Gesù (Matteo 1:2-16), quella lucana incomincia con Gesù e procede indietro fino a Adamo (3:38). L’evangelista voleva che si intendesse il legame tra Gesù e Adamo affinché si cogliesse il significato della sua tentazione da Satana. Pur essendo immerso nel giardino con cibo in abbondanza, affiancato da sua moglie, il suo aiuto adatto, Adamo cadde davanti alla tentazione satanica. Tuttavia, benché fosse digiuno da 40 giorni e isolato nel deserto, Cristo respinse l’assalto di Satana. Gesù riuscì laddove Adamo aveva fallito!
Gesù doveva diventare un vero uomo come Adamo, simile a noi in ogni cosa per poter rappresentarci davanti a Dio (vedi Ebrei 2:17). Il fallimento di Adamo fece sì che nasciamo morti a Dio ma il trionfo di Gesù fa sì che nasciamo di nuovo viventi a Dio in Cristo. L’apostolo Paolo spiega il nesso tra Adamo e Cristo così: “Infatti, come per la disubbidienza di un solo uomo molti sono stati resi peccatori, così anche per l'ubbidienza di uno solo, molti saranno costituiti giusti” (Romani 5:19). La sua vita d’ubbidienza rimedia alla nostra disubbidienza la cui origine era la disubbidienza di Adamo.
Il Natale era l’inizio di una vita di perfetta ubbidienza
Se Gesù è l’ultimo Adamo perché doveva nascere bambino invece di essere creato adulto come il primo Adamo? Doveva vivere una vita di perfetta ubbidienza dall’inizio alla fine. Doveva fare ciò che noi non avremmo mai potuto fare in ogni fase della vita umana. Gesù nacque “sotto la legge” (Galati 4:4) e la portò a compimento anziché abolirla (Matteo 5:17). Non infranse mai il comando più piccolo della legge perché fece sempre le cose che piacciano al Padre (Giovanni 8:29). Fin da bambino Gesù onorava sempre e senza esitazione i suoi genitori terrestri: “stava loro sottomesso” (Luca 2:51). Come uomo era instancabilmente ubbidente a Dio senza sosta “fino alla morte, e alla morte di croce” (Filippesi 2:8).
Quando Dio Figlio s’incarnò non smise di essere veramente Dio ma aggiunse alla sua divinità una vera umanità. Gesù in quanto uomo non sapeva ogni cosa (Marco 13:32) e viveva nella fede in Dio (Marco 6:14-29). Soffriva in quanto uomo ma la sua sofferenza non suscitava che un’ubbidienza più profonda (Ebrei 5:8: “imparò l’ubbidienza dalle cose che soffrì”). Gesù ama sempre il Padre con tutto il suo cuore, con tutta la sua anima e con tutta la sua mente e ama sempre il suo prossimo come sé stesso (vedi Matteo 22:36-40). Parlando della facilità con la quale si può peccare con la lingua, Giacomo nota che “se uno non sbaglia nel parlare è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo” (Giacomo 3:2). Essendo un uomo perfetto, non sbagliò mai nel parlare addirittura nelle circostanze più difficili. “Oltraggiato, non rendeva gli oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva a colui che giudica giustamente” (1 Pietro 2:23).
Ti sei mai chiesto perché Gesù doveva essere battezzato? Giovanni, precursore del Messia e cugino di Gesù, battezzava nel fiume giordano in vista del ravvedimento. Tutti che venivano battezzati da lui confessavano i loro peccati (Matteo 3:1-12). È quindi fonte di grande perplessità quando Gesù “si recò al Giordano da Giovanni per essere da lui battezzato” (Matteo 3:13). L’unico vero innocente, colui che non ha mai conosciuto il peccato (2 Corinzi 5:21), voleva essere battezzato, ma perché? L’apparente assurdità non sfuggì al battista il quale rispose: “Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?” (Matteo 3:14). La risposta di Gesù è pregna d’importanza: “Sia così ora, poiché conviene che noi adempiamo in questo modo ogni giustizia” (Matteo 3:15). Ogni cosa che fece Gesù lo fece per noi. Adempì ogni giustizia per noi.
Il dono natalizio più bello del mondo: la giustizia altrui
Quando Dio ci salva, ci dona la giustizia altrui: la giustizia di Cristo. La salvezza non viene da noi perché non si ottiene in virtù delle nostre opere come una specie di salario che ci è dovuto. Infatti, le nostre opere non potrebbero mai procurarci la salvezza perché sono tutte infangate dai disegni malvagi dei nostri cuori. C’è un divario invalicabile che separa la sporcizia della nostra ingiustizia dalla purezza della giustizia di Dio. Se speriamo mai di essere accettabili agli occhi di Dio abbiamo bisogno dell’ubbidienza altrui. La salvezza non è in virtù delle nostre opere affinché non ce ne vantiamo perché la salvezza è in virtù delle opere di Cristo affinché ci vantiamo in lui.
Nonostante l’inadeguatezza irrimediabile della nostra cosiddetta giustizia davanti a Dio, tendiamo tutti ad aggrapparci ad essa sperando che il bene compensi il male. Però, la giustizia di Dio non può aumentare né diminuire e pertanto, quando Dio giustifica l’empio (Romani 4:5), lo fa in modo coerente con la sua giustizia divina. Siamo giustificati per fede perché dobbiamo confidare in Dio per darci la perfetta giustizia di Cristo ossia l’unica giustizia che il Dio giusto potrebbe mai accettare. L’apostolo Paolo osservò quest’inclinazione umana di fidarsi della propria giustizia nei suoi connazionali: “ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio” (Romani 10:3). La giustizia che Dio fornisce al peccatore pentito è la giustizia di Cristo “poiché Cristo è il termine della legge, per la giustificazione di tutti coloro che credono” (Romani 10:4). Cristo è stato fatto per noi giustizia (1 Corinzi 10:30) e perciò il credente si è rivestito della giustizia di Cristo (Galati 3:27) cosicché quando il Padre vede il credente, vede “Gesù Cristo il giusto” (1 Giovanni 2:2). Il credente gioisce di essere trovato in Cristo “avendo non già la [sua] giustizia che deriva dalla legge, ma quella che deriva dalla fede di Cristo: giustizia che proviene da Dio mediante la fede” (Filippesi 3:9).
Ecco, il dono natalizio più bello del mondo: il dolce scambio. “Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui” (2 Corinzi 5:21). Quando crediamo per la grazia di Dio si scatena una transazione attraverso la quale Dio mette in conto a Cristo il nostro peccato e imputa a noi la sua giustizia. Avvolti nella giustizia di Cristo, il credente viene trattato da Dio come Egli tratta suo Figlio Gesù. Il Padre si compiace sempre del Figli e si compiace sempre di noi in Cristo. Il Padre non manderebbe via mai il suo diletto Figlio. Perciò, non manderebbe mai via quelli che sono coperti della sua giustizia.
Rallegrati del Dio incarnato che era adagiato nella mangiatoia! Però, non finisce lì. Gioisci pure nella sua vita di perfetta ubbidienza come l’ultimo Adamo la cui giustizia viene data al credente! Il Natale è solo l’inizio.